Dell’antica porta d’accesso alla cittadella medioevale rimangono i due stipiti laterali in pietra locale ed uno dei quattro cardini, l’arco superiore, con stemma papale, è stato demolito all’inizio del XX sec. per motivi di sicurezza.
Ciò che si osserva è frutto dei lavori di rifacimento eseguiti nell’anno 1550, superata la soglia, sulla destra, l’ingresso di una cantina adibita a “posto di guardia”, sulla sinistra si percorre “via delle ripe”, camminamento delle antiche mura di cinta medioevali.
Proseguendo per “via delle ripe”, si arriva all’antico carcere e successivamente si raggiunge il secondo ingresso, il più antico, della cittadella medievale.
Il carcere, scoperto recentemente e riutilizzato come normale "cantina", era usato come "cella di contenzione" in attesa che il prigioniero venisse trasferito per essere giudicato dal tribunale in altro luogo.
Molto interessanti i graffiti che sono stati rinvenuti sui muri interni, la ricerca storica dimostra l'origine medievale degli stessi, i simboli usati richiamano la leggenda di "Longino", il centurione romano che trafisse il costato di Cristo crocifisso.
La leggenda di Longino
Caio Cassio Longino, nella tradizione cristiana e nella storia della chiesa, è un centurione (soldato) romano che il giorno della Crocifissione perforò il costato di Cristo con la sua lancia, per assicurarsi che fosse morto, creando così quella famosa ferita che si può notare anche sulla Sacra Sindone.
Non viene data una descrizione precisa di questo soldato,... ne viene fatto solo un piccolo accenno nel Vangelo di Giovanni (19, 34 e successivi).
Secondo la storia canonica, Longino era un soldato già anziano, probabilmente sulla quarantina (a quarant'anni, all'epoca, si era già vecchi) reso quasi cieco da una grave ed incurabile malattia agli occhi.
Quando il sangue di Gesù, scaturito dalla ferita ch'egli gli inflisse, schizzò sul suo viso, questi fu guarito miracolosamente. Longino divenne quindi Cristiano e, raccolte alcune reliquie, tra cui un'ampolla con il sangue di Cristo e la spugna con cui venne fatto bere a Gesù dell'aceto, arrivò nel sud dell'Italia iniziando a risalirla per poi fermarsi a Mantova dove sarebbe morto martirizzato e dove si trova ancora oggi la sua tomba, all'interno della famosa Basilica di S. Andrea, assieme alla reliquia del sangue di Cristo. In realtà, benché questa sia la storia ufficiale, di questo soldato si sa molto poco.
Anche del nome non si è certi; infatti, nel Vangelo di Giovanni, unico che ne parla, non viene mai nominato. Viene chiamato invece Caius Cassius Longinus all'interno di uno dei Vangeli Apocrifi (conosciuti come "rotoli o manoscritti del Mar Morto").
Alcuni storici ritengono però
che il termine Longinus o Launginus non fosse il nome proprio della persona
(quidi solo Caius Cassius), ma servisse ad indicare "colui che scagliò la
lancia"; sembra inoltre, da alcune ipotesi storiche, che fosse originario
dell'attuale Turchia e precisamente di un paesino nelle vicinanze dell'odierna
Istanbul.
Fin qui la parte storica, ma passiamo ora a quella "meno ufficiale" .
Secondo un'antica leggenda cristiana, tramandata fin dal primo secolo, Longino
si chiamava proprio così, non era affatto turco, ma originario di un villaggio
sparso sulle attuali colline senesi e non sarebbe per niente stato anziano.
Addirittura, egli viene definito come "un giovane spavaldo ed imprudente, tanto che la sua imprudenza lo menomò degli occhi".
Pare fosse pure più giovane di Cristo, forse attorno ai 21 anni. Ma la cosa più sconvolgente è che, sempre secondo la leggenda, egli non sarebbe affatto morto, anzi, pare fosse dotato di incredibili poteri dati dal sangue di Cristo col quale s'era bagnato che, oltre a guarirlo all'istante, l'avrebbe reso immortale ed eternamente giovane!
Inoltre, qui si parla anche
della fantomatica lancia che, dopo aver trafitto il costato di Gesù, sarebbe
divenuta un'arma potentissima capace di dare l'invincibilità a chiunque la
possedesse. (Notare bene la similitudine con la spada Excalibur).
Leggende come questa, sul Longino immortale e sulla lancia definita anche
"lancia sacra" o "lancia del destino", se ne sono
tramandate un po' in tutta Europa, specie in epoca medioevale.
Nonostante nella versione storica non si parli mai d'immortalità e di
straordinari poteri dati dalla lancia, l'esigenza della ricerca della Lancia di
Longino, come per il Santo Graal, ha ossessionato la quasi totalità dei grandi
condottieri o dittatori che la storia ha visto passare fino ai giorni nostri.
In realtà esiste tutt'oggi una reliquia conosciuta appunto come "lancia
del destino" conservata all'interno del museo Hofburg di Vienna dove
si può ancora ammirare.
Questa lancia, nella quale sarebbe conficcato un chiodo della Croce, fu vera ossessione, ad esempio, per Hitler che la fece trafugare la sera del 15 Marzo 1938, giorno in cui la chiesa festeggia proprio S. Longino (Longino fu proclamato Santo in epoca medioevale quale uno dei primi Martiri della Chiesa).
La preziosa reliquia sarà poi recuperata dal generale Patton il 30 Aprile del 1943, stesso giorno del suicidio di Hitler e poi restituita all'Hofburg di Vienna dove si può vedere ancora oggi, all'interno della sala detta "del tesoro".
Successivamente, lo stesso
generale, dichiarò che per alcuni istanti fu anch'egli tentato di tenere la
lancia per sé. In realtà, recenti studi scientifici di datazione al carbonio,
hanno dimostrato che probabilmente quella conservata a Vienna non è la lancia
originale, perché risalirebbe al sesto secolo dopo Cristo.
Anche perché, secondo la leggenda di cui stavamo parlando, si afferma che la
potenza della lancia è talmente smisurata che solo Longino o un'altra persona
dal cuore realmente puro riuscirebbe a maneggiarla, in quanto arderebbe vivo
qualsiasi altro uomo assetato di potere che cercasse d'impugnarla.
Andando avanti, la novella racconta che Longino, dopo essere scampato all'arena (sembra che, una volta abbracciata la fede cristiana, egli fu mandato a morire sbranato dai leoni nell'arena, come la maggior parte dei cristiani, appunto, ma pare che i feroci animali, invece di sbranarlo, s'inchinarono in fila al suo passaggio), girò in lungo ed in largo l'Europa assieme a S. Giovanni D'Arimatea (colui che avrebbe custodito il Sacro Graal) per approdare poi insieme nell'odierna Inghilterra.
Qui la cosa si fa per noi ancora più interessante perché inizia ad intrecciarsi con il mito arturiano. Come molti di voi sapranno, la collocazione storica del periodo in cui visse presumibilmente Artù è piuttosto incerta: alcuni parlano dell'epoca romana, altri del 500 dopo Cristo.
Le novelle che esamineremo,
prendono probabilmente in considerazione questa seconda ipotesi. Nelle versioni
canoniche del mito arturiano, si ha un breve accenno di Longino e della sua
lancia; sarebbe questa, infatti, ad infliggere il "colpo doloroso" al
Re Pescatore portando l'Inghilterra in un periodo di profonda desolazione in
cui le terre furono sterili. E nel poema "Perceval le Gallois" del
1190, Longino compare come il Cavaliere guardiano del Santo Graal che metterà
alla prova Parsifal.
In tre novelle bretoni del tredicesimo secolo, però, si fa riferimento ad un
fantomatico Cavaliere dal nome "Launginus Gratius" (Longino Grato),
proveniente "dall'italica penisula" che avrebbe preso posto tra
quelli della Tavola Rotonda.
Secondo alcuni studiosi odierni di leggende medioevali, tale Cavaliere potrebbe identificarsi con lo stesso Parsifal in quanto questi non viene per nulla nominato nelle tre novelle bretoni.
Ciò potrebbe essere plausibile per il fatto che, se davvero Longino fosse immortale, egli sarebbe costretto a cambiare identità almeno una volta ogni secolo per poter celare la sua vera natura. Nelle novelle, inoltre, Longino viene definito amico "intimo" fedele e leale di Artù, uomo di grande coraggio, tanto che, durante l'ultima battaglia con Mordred, quando il Re rimane ferito gravemente, egli parte alla ricerca del Graal, unica speranza per salvare il suo Re (la lancia, infatti, non sarebbe in grado di donare la vita).
Graal che non riuscirà a
raggiungere per punizione, in quanto egli dubiterà di Cristo, bestemmiando per
l'eterno supplizio al quale l'ha condannato.
Tornato senza il Graal,
Longino avrebbe condotto Artù morente ad Avalon, luogo dove ogni malattia viene
curata e dove non esiste la morte (che non sarebbe altro che il fantomatico
Paradiso Terrestre, l'Eden di Adamo ed Eva) spalancandone le porte con la
lancia, dove il grande Re giacerebbe, addormentato, in attesa di tornare nel
mondo nel caso il male si rimanifestasse.
Le similitudini con la storia di Parsifal, in queste tre novelle, sono in
effetti parecchie.
Ma non è finita: Longino sarebbe poi tornato in Italia con il nome di
"Gaudianus" portando con sé Excalibur.
Bene, conoscete la storia di S. Galgano?
S. Galgano Guidotti, fu un Cavaliere eremita vissuto intorno al 1180 a
Montesiepi, in Toscana (proprio dalle parti della probabile casa
natale di Longino).
Un giorno, stanco dei soprusi, dell'odio e delle angherie, conficcò la sua spada in una roccia e si ritirò a vita monastica. La spada e tutt'oggi conservata nella chiesa del piccolo eremo ed è straordinariamente somigliante alla forma classica della spada Excalibur.
Secondo alcuni, Galgano altri
non era che il "Gaudianus" descritto nelle novelle, ovvero Longino, e
quella sarebbe veramente la spada Excalibur! E Longino vivrebbe ancora oggi,
celato con false identità, come uomo comune, in attesa di riaprire le porte di
Avalon con la sua lancia, di riabbracciare l'amato amico Re Artù e di
restituirgli Excalibur.
Però c'è da dire che, sempre il solito esame al carbonio, ha confermato che la
spada di S. Galgano risale alla seconda metà del 1100 e quindi non potrebbe
essere Excalibur in quanto di almeno seicento anni posteriore (tenendo fede
alle teorie arturiane che collocherebbero la saga di Camelot attorno al 500
dopo Cristo).
C'è però una speranza: finora nessuno è ancora riuscito ad estrarre dalla
roccia la spada di S. Galgano custodita nell'eremo di Montesiepi,
solo Artù, infatti, potrebbe riestrarre Excalibur.