I signori

Nell’anno 1295 il 4 dicembre, è rilevato dai documenti di cronaca di questo periodo, che alcuni ambasciatori delle nostre zone guidati da Ubaldo Anteminelli capitano, si recarono ad Orvieto per avere in conoscenza la Relazione di negoziati svoltisi tra il capitano sopra citato e la Curia Romana, onde ottenere la cassazione di certi processi e la remissione di alcune pene da parte di Santa Romana Chiesa.

A tale proposito si è a conoscenza che alcuni Signori delle nostre zone, in particolare i familiari di un certo Fazio di Bagnorea che risiedevano a Rocca del Vecce, erano a bando da Bagnorea per offese fatte nella persona di Berlingerio Bonaiuti di Firenze.

Fazio ottenne, in quella occasione, l’assoluzione dal bando e dalla condanna in perpetuo da parte della Curia Romana per se e per i suoi familiari e così poterono rientrare in Bagnorea.

Sul finire del 1200 Rocca del Vecce è di un tale Fuccio, signore di Rocca del Vecce (Cutolo II vol. pgg 218 e seg.).

Nei primi anni del 1300, appare Signore di Rocca del Vecce un tale Ponzio, il quale nel 1303 aiutò i Monaldeschi a cacciare da Bagnorea i Filippeschi.

Questi erano una ricca famiglia orvietana e ghibellina.

Il feudo di Bagnorea fu da questi ultimi usurpato alla famiglia altrettanto potente dei Monaldeschi che dominavano sui fondi di Bagnorea.

Ponzio, era, dunque, Signore e grande condottiero e ricco di uomini d’arme che teneva in Rocca del Vecce e, accorrendo a Bagnorea, riportò grossi successi sui fatti bellicosi.

Verso il 1315 il Castello è di proprietà di tale Andreuccio di Fuccio, signore di Rocca del Vecce, il quale ebbe dal Papa Giovanni XXII, nel tempo che la Curia papale si trovava ad Avignone, anche il Vicariato di Miranda, che era una Rocca nei pressi di Narni.

Nell’anno 1318, dai documenti del tempo, si legge che, reggendosi i viterbesi per parte ghibellina e gli orvietani per parte guelfa, il 2 ottobre giunsero ad una pace che non durò a lungo per le profonde divergenze politiche e religiose esistenti tra le due città.

Infatti nel 1319 tornava a regnare la discordia e nel 1321 tutto il Patrimonio delle due città era in subbuglio.

Il Papa Giovanni XXII il 5 di aprile di quell’anno, rivolgeva ai viterbesi e agli orvietani una paterna, accorata esortazione per posare le armi e gli odii.

L’intervento del Papa poco o nulla era valso, ed il 26 aprile 1321 molti uomini di Viterbo si erano avvicinati a Rocca del Vecce e dintorni ed avevano ferito moltissimi abitanti, molti ne avevano uccisi ed avevano predato grande quantità di bestiame a danno principalmente di tale Fuzzolo della Rocca.

Gli orvietani, guidati da Poncello, mossero fino alla Teverina, dove i viterbesi continuavano a dare il guasto e li costrinsero a ritirarsi.

Nello stesso anno, con la cacciata di Silvestro Gatti, cadde in Viterbo il partito ghibellino e vi fu restaurato lo stato guelfo ed il 1 giugno del 1322 da quel fosco ribollimento di passioni e violenze, nacque uno sprazzo di sereno.

(Gatti, Silvestro. - Signore di Viterbo (m. 1328). Eletto dal popolo difensore di Viterbo (1318), nel 1325 ottenne l'effettiva signoria della città. Alleato ai Prefetti di Vico, parteggiò per Ludovico il Bavaro, che accolse a Viterbo. Venuto meno il potere dell'imperatore e tradito dagli alleati, fu assalito dal card. G. G. Orsini e, spodestato da una rivolta popolare, fu ucciso.)

Fu instituito in quella occasione un Tribunale arbitrale, il quale constatò che nel territorio della Teverina ed in quello di Rocca del Vecce, il bottino fatto dai viterbesi era assai considerevole: si trattava di 1500 capi di bestiame, pecore per massima parte, vi si contavano non pochi agnelli, buon numero dei quali “primotici”, un discreto numero di capre, 16 vaccine, 2 somari di pelame quasi bianco, uno del valore di 14 libbre di paparini, l’altro di 16.

Il molto bestiame ovino predato ci fa chiaramente intendere che nel 1300 la nostra zona era poco lavorativa, invece assai estesa per il pascolo.

Nell’anno 1338 il Castello venne occupato dalla potentissima famiglia dei Di Vico, che possedeva in Viterbo un sontuosissimo maniero (palazzo) con fronti su via dei Pellegrini e su Piazza Nuova.

I Di Vico, così detti per il loro feudo sul lago di Vico, furono combattenti accoliti, preparati ad ogni momento a colpi di mano, attraverso i quali ricavavano vantaggiosi benefici, tra questi appunto il possesso di Rocca del Vecce per circa una quindicina d’anni, fino a quando i feudatari antichi li cacciarono.

Giacomo di Sandro nel 1354 giurò fedeltà per il Castello di Rocca del Vecce al legato del Papa, che risiedeva in Montefiascone (registro comunale del Cardinale E.Albornoz).

Sul finire del 1300 ed agli inizi del 1400, Jannello Tomacelli, del Patrimonio di S.Pietro, aveva preso ai suoi stipendi il famoso Mostarda Perilio della strada di Forlì, capitano di una grossa banda di mercenari, ripartendone le spese di acquisto su alcune terre viterbesi del Patrimonio e su alcune città.

Contro gli insolventi delle spese erano minacciate grosse scomuniche e feroci rappresaglie eseguite dal Mostarda stesso.

Per quanto riguarda Bagnorea ed alcuni paesi della sua Diocesi, tanto il Vescovo che il clero erano tassati in ducati 30, Vitorchiano doveva corrispondere ducati 300, Ulisse Orsini per Mugnano, Chia, Rocca di S.Pietro, Colle Casale e Cottanella 75 ducati, Anselmo di Bomarzo 75, Fucciale Signore di Rocca del Vecce 60 ducati, Lorenzo Monaldeschi di Monte Calvello 50, Pietro Magno e Cecco Baglioni di Castel Piero 50(55) ducati.

Nall’anno 1404, Fucciale fu tassato con una buona taglia dal Mostarda stesso, il quale per compensarsi di paghe dovute dal Papa, levò molte ricchezze nel Patrimonio di S.Pietro.

Detto patrimonio, specialmente nella parte verso il nord di Viterbo, durante il primo decennio del 1400, era angariato da continue invasioni locali ad opera principalmente delle bande armate di Braccio e di Tartaglia, signorotti già dal 1418 di buona parte dell’Umbria.

Nell’anno 1419, il 17 gennaio, la Chiesa dovette ricorrere a Giovanna, regina di Napoli, perché inviasse qui lo Sforza per ripristinare l’ordine e l’autorità nel Patrimonio e ridare tranquillità alle popolazioni afflitte. 

Dalle operazioni guerresche non andò esente anche il territorio di Rocca del Vecce.

Tartaglia infatti il 7 giugno 1418, si trovava in campo sul nostro territorio in località Magione.

Le battaglie ebbero alterne vicende, finchè il figlio dello Sforza, Francesco, futuro Duca di Milano, potè determinare e concludere positivamente le vicende in favore della S.Sede il giorno 8 febbraio 1420, sotto il pontificato di Martino V. 

Successivamente, Francesco Sforza, si recò a Milano ove ottenne la nomina di duca.

Alcuni anni dopo, scese da Milano con le sue truppe, comandate dal condottiero Zerpellone per fare nuove conquiste e tutelare gli interessi del papato e nel 1434, giunto nel nostro territorio, occupò il Castello di Rocca del Vecce e vi rimase padrone con le sue milizie per qualche periodo.