La chiesa parrocchiale di S.Paolo apostolo

Costruzione

L’attuale Chiesa Parrocchiale si trova all’angolo destro per chi entra in piazza dalla via principale.

Circa l’origine, si fa risalire all’anno 1645, quando cioè fu eretta sotto il titolo di “Tutti i santi” dalla Ecc.ma casa dei Marchesi Costaguti.

Risulta infatti dalle memorie che il Marchese Prospero Costaguti la eresse dalle fondamenta, il figlio Luigi la compì e il Marchese Giovan Giorgio la provvide degli arredamenti necessari nell’anno 1665.

In quello stesso anno fu benedetta da Monsignor Candilotti, Vescovo di Bagnorea.

E’ di quello stesso anno un Rescritto di Papa Alessandro VII che in data 7 novembre concesse a detta Chiesa di Rocca del Vecce una speciale indulgenza plenaria, per detta fondazione.

Troviamo scritto nel libro dei Beneficiali che “ Il Marchese Giovan Giorgio Costaguti nell’anno 1698 nel giorno 1 di aprile, dette supplica al Vescovo di Bagnorea perché provvedesse la nuova Chiesa della Rocca di un perpetuo Cappellano e deputò il Chierico Bernardo Massini della Rocca di giuli 60 in moneta, col peso da parte di questi di Messe 6 la settimana da celebrarsi secondo l’intenzione di detto Marchese, il quale dichiarò e pretese che fosse amovibile per suo beneplacito”.

Il visto di decreto da parte del Vescovo fu firmato il giorno 7 aprile 1698, ed in questo è contenuto il riconoscimento di Cappellania perpetua retta dal Chierico Massini, al quale erano devolute le rendite del Marchese come da sua volontà. 

Il terremoto

Nell’anno 1695 vi fu in tutto il territorio di Bagnorea e Orvieto un grande terremoto, che riuscì disastroso per quelle zone e distrusse la stessa Bagnorea e Civita.

Su questo terremoto, che fu certamente il maggiore di quelli avvenuti nella regione Vulsinia, dei quali si abbia fondata notizia, si legge in una relazione dell’epoca, che le scosse si risentirono nella notte del sabato 11 giugno 1695.

La prima scossa avvenne alle ore 4 di notte, poi se ne ebbero altre successive, tra le quali una fortissima alle 7 del mattino.

Si fa anche menzione dei danni prodotti, specialmente in Orvieto e dintorni, nonché in Bagnorea, Porano, Castelrubello, Sucano, Lubriano, Celleno, Bolsena, Montefiascone, Assisi.

La scossa delle 7 antimeridiane fu risentita “non senza apprensione” anche a Roma.

L’epicentro fu localizzato in Bagnorea e così è scritto, tra l’altro, nella relazione di quell’anno stampata in Orvieto per Livio Tosini, Stampator pubblico, in rara placchetta in fol. di due carte: “….terraemotus hiuc civitati die Iunii MDCXCV nimis perniciosi….”.

Si mette in particolare risalto, in detta stampa, il danno subito da molti Castelli, nei dintorni di Orvieto e Bagnorea, dove si ebbero anche morti.

Anche in altri testi si legge che patì danno anche il Castello di Rocca del Vecce e molti casolari e case d’intorno, così pure fu per Castel di Piero.

La gente si riversò con grande panico nelle campagne e nelle grotte.

A ricordo di quei gravissimi danni, in Bagnoregio esiste una lapide al di sopra della porta d’ingresso del Palazzo Comunale, nella quale si fa parola del sisma.

Nell’anno 1703, in gennaio, si avvertirono in tutta l’Italia centrale altre scosse di terremoto, che perfino in Abruzzo e nella Sabina abbatterono molti paesi.

In quella occasione ci fu molto panico anche in Rocca del Vecce e nei paesi vicini, suscitando ovunque un’ondata di fervore religioso per scongiurare una nuova e immane catastrofe. 

Il permesso di culto

L’antica Chiesa in quella occasione subì gravi danni, ma non così seri da non servirsene per le pratiche religiose.

Tuttavia le lesioni alle mura principali si erano formate e con gli anni si andarono sempre più aggravando, tanto che nel 1755, l’Arciprete parroco pro tempore, Don Pier Domenico Ventavoli, d’accordo con i magistrati del paese, chiesero ed ottennero dalla Ecc.ma Casa, un permesso di trasportare il SS Sacramento dall’antica Chiesa parrocchiale alla Chiesa Baronale ed esercitarvi le funzioni religiose.

Il permesso fu concesso, pur rimanendo la proprietà di detta Chiesa ai Sigg. Marchesi.

Tale concessione veniva tuttavia rinnovata al popolo ogni 3 anni o più ancora, secondo il succedersi dei Rescritti che di volta in volta venivano concessi.

Ma dall’anno 1761 dal 2 agosto in poi, si confermava da parte del Marchesato il “Permesso di Culto” nella Chiesa per anni 5.

Infatti il primo quinquennio va dal 2 agosto 1761 al 31 ottobre 1766, e così di seguito fino all’anno 1793, quando cioè fu dato formale “Permesso” di poter usare la Chiesa Baronale per il servizio parrocchiale “in perpetuo” con l’abolizione del quinquennio.

Tale permesso fu festeggiato dal popolo con grande spirito e tutti parteciparono alle funzioni religiose, per l’occasione, con devozione e sicuri di avere un luogo degno di preghiera per se e per i futuri naturali di Rocca del Vecce. 

La Chiesa vecchia e oratorio 

Della Chiesa vecchia se ne fece un luogo di convegno, dopo averla opportunamente sistemata, per gli incontri delle Confraternite e per altre eventuali riunioni sempre a carattere religioso.

Detta Chiesa vecchia viene definita “Oratorio” e tale fu chiamato fin dal 1875 sotto il titolo di M.SS del Nespolo.

All’attento osservatore tuttavia non può sfuggire, considerando questo luogo, la sagoma a forma di arcata nel quale era il vecchio altare e lateralmente le pseudo colonne che da terra si elevano, pur se unite alle mura maestre.

E’ caratteristica, in questo luogo, la piccola loggia interna che, collegando il luogo sacro con il Castello, serviva ai Signori sin dal 1200, come piccolo luogo per assistere alle sacre funzioni, senza che uscissero dal Castello o quanto meno si unissero ai naturali della Rocca.

Si suppone anche che ci sia stato in seguito, intorno al 1730, un collegamento tra questo ex luogo di preghiera e la “grande” Chiesa; ne sta a testimonianza una grande intercapedine a guisa di porta rettangolare, oggi chiusa, che corrisponde all’interno della Chiesa grande. 

Rescritto del 10 luglio 1813 

La Chiesa Baronale, sebbene aperta al pubblico culto, tuttavia risultava ancora essere proprietà dell’Ecc.ma Casa, con proprio stemma apposto sopra la porta principale e che ancora oggi si osserva.

Nell’anno 1800 la Chiesa Baronale ospitò una grande missione, auspicata e voluta dai Marchesi ed il predicatore fu il Beato Leopoldo da Gaiche, che così annotava nel suo diario: “…tornando da Foligno partii per Bagnorea e di la andai ad aprire la missione a Sipicciano, poi alla Rocca del Vecce. In questa si distinse per pietà la nobilissima famiglia Costaguti, specialmente nelle processioni di penitenza, concorso sempre numerosissimo, frutto davvero straordinario. Eressi una bella Via Crucis per la strada che da S.Egidio conduce a Castel Cellesi il giorno 16 febbraio…”.

Nell’anno 1813, con un Rescritto del 10 luglio, registrato il 3 marzo 1815, il Marchese Luigi Costaguti cedeva definitivamente detta Chiesa al Comune di Rocca del Vecce, il quale ne assumeva la manutenzione e la custodia, ponendola sotto la protezione di S.Paolo Apostolo.

La consacrazione, tuttavia, come luogo sacro a tutti gli effetti, avvenne per opera di Mons. Emilio Poletti vescovo di Bagnorea il 6 settembre 1913.

In un pro-memoria ecclesiastico scritto nell’anno 1939 ritrovato in archivio, vi è scritto che il vescovo Poletti, sebbene si trovasse nei difficilissimi tempi della I guerra mondiale, profuse attività immense in fecondo apostolato, ricchezze insospettate in opere di carità per tutta la diocesi, tra cui il restauro generale della Chiesa grande di Roccalvecce (1913) così specificata: “Templum hoc vetustate poene ruens, restauratum hornatumque Aemilio Poletti episcopo Balneoregiensis” A.D.MCMXIII.

La tradizione vuole che la costruzione, secondo lo schema chiaramente seicentesco o barocco, sia attribuita alla scuola del Vignola, tramite i suoi diretti discepoli.